giovedì 10 gennaio 2013

Quel qualcosa che manca



Ieri sera sono rimasta impigliata, ancora una volta, in “Shall we dance” un film del 2004 con Richard Gere.   
E’ fatale: vedo una scena facendo zapping e non riesco più a smettere di guardarlo.
Perché? 
Ci sto pensando. 
 
Perché descrive molto bene quella situazione in cui pur non avendo grossi problemi, siamo leggermente insoddisfatti e sentiamo la mancanza di qualcosa.

La ragione, il pudore  ed anche la superficialità spesso ci impediscono di esprimere questo disagio o di capirlo. 
Ma c’è.

Ho tutto, quello che ho è praticamente perfetto e allora cos’è questo senso di vuoto?

Il film ci da una risposta, che non è banalmente IL BALLO, ma è fatta di tante piccole circostanze che rimettono in sesto il nostro canuto ma sempre affascinante protagonista.

Non basta un buon lavoro, una bella famiglia affiatata, macchina e casa al top.   
Pensare che c’è chi sta peggio non consola, anzi.
Ci biasimiamo ma non possiamo fare a meno di avvilirci un po’.

Come capisco il Signor Clark! Mezza età, tranquillo, amato.   
Una noia strisciante lo attanaglia. 
Il rimpianto di quando tutto era da imparare e scoprire e raggiungere.   
Una donna misteriosa, di cui si immaginano i pensieri e le storie, al contrario di una moglie di cui si sa o si crede di sapere già tutto…

Seguire l’impulso irrazionale di entrare in una scuola di ballo darà il via a tutta una serie di novità che scuoteranno il tranquillo tran tran del protagonista e di riflesso miglioreranno la vita di tutte le persone coinvolte.  
Una specie di effetto cascata in positivo.

Tutto quello che ogni personaggio aveva dato per scontato subirà uno scossone e ognuno troverà la forza per tirare fuori la grinta e la voglia di essere veramente sé stesso di fronte agli altri.
Ci adagiamo per pigrizia mentale e fisica. 
Abbiamo paura del giudizio della gente. 
Pensiamo di essere troppo vecchi per iniziare qualcosa di nuovo. 
Crediamo di avere perso l’occasione giusta.
Ci piangiamo addosso.

Alla fine del film io mi sento sempre “caricata” e pronta a nuove sfide. 

Benchè fossero già le 11 di sera mio marito mi ha telefonato appena finiti i titoli di coda.

“Dimmi che hai guardato ‘Shall we dance?’ ?!?”
“Ovvio!” 

“Lui che sale in smoking dalla scala mobile non si può perdere, eh?”
“Staresti benissimo anche tu!”

“Dobbiamo andare a ballare…”
“Sì, prima o poi dobbiamo”

“Buonanotte”
“Buonanotte”
.
.
.

3 commenti:

  1. E' vero, rischiamo grosso, rischiamo di buttare via vita pensando che sia tardi, che non sta bene, che si è troppo vecchi, che non si fa, non si deve... e ci adagiamo nelle abitudini.
    Ogni tanto bisognerebbe provare, osare, trovare quel "la" per iniziare qualcosa e buttarsi.. senza esagerare.
    Comunque, anche la complicità che ha spinto tuo marito a chiamare proprio finito il film, e a stuzzicarti così non è male, no? Non tutti possono averla.. c'è sempre chi sta peggio! ;)

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  2. sto ancora riprendendomi dal tuo post... sei riuscita a rendere perfettamente la sensazione che provo (proviamo) ultimamente... come se dovessimo "ributtarci" nella vita, per riscoprire emozioni e avere stimoli... come dici tu: ho tutto e forse anche troppo, non mi manca nulla di materiale ma... ma... c'è qualcosa che fa risuonare un eco poco piacevole nella mente... Mai fermarsi, mai perdere la voglia di fare e di scoprire... il film con Gere è terapeutico: andrebbe visto ogni volta che si è un po' vuoti dentro...
    (e pensare che qualche anno fa anche noi andavamo a ballare ed il Franz era anche bravo...)

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  3. Già..non è il ballo, di per sè. E' trovare qualcosa di sensoriale, emozionale, che ci tolga il grigio lasciato dalla quotidianità, dalle scartoffie e dalle incombenze.
    Dovremmo avere tutti diritto (e dovere) ad un'ora di creatività al giorno. Ma chi la trova???!!! :(
    Ciao bella donna!

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