martedì 31 marzo 2015

I gufi e le allodole



Da domenica è entrata in vigore l’ora legale e quest’anno devo dire che mi ha preso proprio male.

Così mi tocca dare ragione ad un articolo di due giorni fa apparso su Repubblica, dove fantomatici cronobiologi spiegavano i disastri che lo spostamento delle lancette provoca al nostro organismo.


Distinguevano la popolazione tra gufi - che vanno a letto tardi e dormirebbero fino a mezzogiorno - e allodole che si addormentano presto e sono attive all’alba.

Questa nostra diversa natura provoca già in condizioni normali un “jet lag” sociale, essendo noi per la maggioranza costretti agli orari standard del vivere quotidiano.

Aggiungendo o togliendo un'ora si provocano ulteriori scompensi che non si assorbono nemmeno nel corso di molti mesi.

Io e la mia famiglia ci collocavamo decisamente tra le allodole, dove sono mitici i racconti di gente addormentata sulle sedie di una pizzeria alle sette di sera o di bambine che ti aprono l’occhio alle quattro della mattina chiedendoti se sei sveglio e se hai voglia di giocare…

Ma da due giorni io mi domando se esiste un ibrido tra gufo e allodola, un “gudola”, un “allufo”, che si addormenta verso le 20,30 e dormirebbe almeno 12 ore di filato, non disdegnando pisolini il primo e anche il tardo pomeriggio.

Ma che dico, questo mitico animale esiste già: è il mio cocker!

Io l’ho sempre detto che lo invidio nel profondo…




lunedì 30 marzo 2015

Il video della settimana - 14/2015 - ABBA


Non ne ho accquistato uno degli oltre 370 milioni di dischi venduti da questo gruppo svedese ma puoi star certo che appena sento una loro canzone la canticchio senza nemmeno rendermene conto.


Agnetha, Benny, Björn e Anni-Frid ecco come nasce il loro nome e con la canzone che condivido, SOS, abbiamo il primo doppio acronimo palindromo della storia della musica!




Non si sono mai ufficialmente sciolti ma dopo aver divorziato hanno preso strade diverse, i due uomini in realtà hanno collaborato ancora ma dietro le quinte e sono apparsi sporadicamente tutti insieme in occasione delle uscite dei loro fortunati Greatest Hits o per occasioni benefiche.

Il loro periodo d'oro è stato quello degli anni '70, con la vittoria all'Eurofestival che li ha portati al successo in tutto il mondo, soprattutto in Australia e Nuova Zelanda ma anche in Gran Bretagna e negli Stati Uniti.

Il trionfo del musical  "Mamma mia" prima a Broadway e poi al cinema (nel 2008) li ha portati nuovamente ai vertici della popolarità.

Io riguardo sistematicamente il film. Faccio outing.
Sto lì, mi crogiolo nel paesaggio idilliaco di questa isoletta greca, non vado a sindacare sull'assurdità di tutta la storia, da Meryl Streep in salopette a Colin Firth gay passando per James Bond/Pierce Brosnan che si sgola e fa il romanticone.
Mi va bene tutto.  Canto dall'inizio alla fine come una scema.

La ciliegina sulla torta sono i titoli di coda, con i protagonisti vestiti con tremende zeppe e tute aderenti con pantaloni a zampa e strass, che con grande divertimento e autoironia cantano Waterloo.
Un mito.





mercoledì 25 marzo 2015

The 20x24" Esperience


Quando le passioni portano a fare cose folli…

Tipo precettare moglie, tre figli più che adulti che vivono in città diverse, ragazzo della figlia, tre amici polaroiders e noleggiare un pullmino per andare a Formigine (Mo) partendo all’alba.

A fare cosa a Formigine?

Due scatti con la mitica Polaroid Giant Camera, oggetto di dimensioni straordinarie, uno degli unici quattro (o cinque? Vi sono diverse leggende…) esemplari esistenti al mondo in grado di produrre fotografie di formato 50x70 cm con sviluppo istantaneo e negativo a strappo.

Com'è possibile intuire, ogni opera prodotta con questa fotocamera è UNICA ed irripetibile.

La Giant Camera non ha nessun tipo di supporto tecnologico che possa facilitare il professionista nel suo compito: il calcolo della luce, la distanza, il diaframma e i tempi devono essere scrupolosamente previsti in modo analogico, senza automatismi.



La fotocamera era fornita sia di lenti per il ritratto che per figura intera e medio grandangolare e sono state usate pellicole originali Polaroid, scadute da anni ma ancora perfettamente funzionanti, tipo “Chocolate” .




É arrivata in Italia per un solo fine settimana direttamente da Vienna, dove abitualmente viene usata presso il mitico Supersense, grazie ad Alan Marcheselli dell’Impossible Store di Maranello.



La location era quanto di più adatto ad un evento del genere: gli splendidi Magazzini San Pietro, un loft di recupero industriale di circa 1000 mq utilizzabile sia per lo scatto a luce naturale che con luci studio.






Noi ci eravamo prenotati per domenica mattina.




Alle 9,00 eravamo sul posto, carichi come molle, e si è subito iniziato a preparare il primo scatto, quello dei “tre fratelli”.

Il padre supervisiona...

Marco Christian Krenn, l’operatore che ha accompagnato la macchina da Vienna, si occupava dell’inquadratura ed Alan Marcheselli delle luci.

E’ stato divertente, ci siamo sentiti quasi come modelli o attori famosi.

Senza scarpe per non sovrastare il marito...

Dopo lo scatto ci sono alcuni momenti frenetici, l’atmosfera in fondo richiamava un po’ quella della sala parto.


Trasportare il negativo, metterlo nella sviluppatrice per farlo aderire alla carta fotografica inserendo gli acidi, poi appendere il tutto ed infine "aprire" la foto creava un’aspettativa tremenda.

C’era tanto di "ohohohoh" in crescendo e poi l’applauso liberatorio quando appariva il risultato.



Che nel caso della prima foto è riuscito meraviglioso, mentre in quella denominata “le due coppie” ci sono io con un'espressione così arcigna da far impallidire la Signorina Rottenmeier di Heidi.



Ero talmente preoccupata di non chiudere gli occhi che mi sono dimenticata di sorridere.

Pensare che ero così contenta…



lunedì 23 marzo 2015

La foto della domenica Marzo/4*2015 - La città invisibile

Sabato pomeriggio siamo stati ad un evento dell'artista veronese Luigi Scattolin.

Conosciamo Luigi da quando abbiamo scoperto, quasi per caso, il suo libro "Verona Sketchbook", una raccolta di disegni della Verona "turistica".

Vi sono rappresentati con minuziosa precisione gli angoli più suggestivi della nostra città, usando china ed acquerelli.

Le tavole erano perfette, forse troppo per il mio gusto.

Le tavole del "Verona Sketchbook"

Invece i suoi nuovi lavori fanno parte della raccolta "La città invisibile", dove l'artista si lascia un po' andare ed esce dal sè stesso "disegnatore tecnico senz'anima" e rappresenta palazzi cittadini meno conosciuti, quelli che vediamo distrattamente girando in macchina tra la periferia ed il centro e a volte li distorce o lascia incomplete alcune parti, mettendo anche del colore in alcuni punti e lasciando totalmente bianchi altri.

Inserisce addirittura con un pizzico di ironia qualche riferimento personale, una locandina con la propria faccia o il suo nome su un cartello stradale.


Decisamente più interessanti ai miei occhi delle pur pregevoli tavole precedenti.

Il Centro Palladio, dove ho lavorato per cinque anni, la Camera di Commercio, la ex concessionaria della Volkswagen... le scuole medie dove non sono riuscita ad iscrivermi tanti anni fa.


Alla Galleria Massella, dove sono esposte in questo periodo le sue opere, ha realizzato davanti ai nostri occhi parte di una di queste tavole.

Vedere un artista in azione è sempre emozionante.

D'ora in poi guarderò ancora con più attenzione la mia città, che non finisce mai di affascinarmi.



La foto della domenica è un'idea di Bim Bum Beta



martedì 17 marzo 2015

Colleghi 2.0


Sabina è una mia ex collega.
25 anni fa lavoravamo in una multinazionale americana.

Eravamo giovani.
Noi, i nostri colleghi, i nostri capi.

Per dire il mio, che era il super mega capo, aveva solo sette anni più di me.


Ho descritto l’atmosfera di quel periodo in un post molto amaro, dove rimpiangevo quei tempi e quelle persone.

Ci siamo veramente divertiti.
Non eravamo colleghi, eravamo una banda, eravamo complici, confidenti, alcuni erano anche innamorati tra loro…

Non c’era sera o weekend dove qualcuno non organizzasse qualcosa insieme ma la cosa bella era che anche la vita d’ufficio era piacevole.

C’era molto da lavorare, c’erano momenti di grande stress, di mancanza di orari e di tensione ma non mancavano mai le battute, le pause caffè rigeneranti, gli scherzi.

Ecco per esempio, io e l’altra assistente di direzione organizzavamo scherzi tremendi.
Cose pianificate con cura, finti viaggi all’estero, finte comunicazioni ufficiali.
I neo assunti arrivavano sudati chiedendo del Direttore Generale che voleva vederli urgentemente o ci portavano i documenti perché pensavano di doversi trasferire all’estero nel giro di pochi giorni…

Quelli che lavoravano in trasferta spesso tornando in ufficio il venerdì sera portavano dolci tipici di quella zona: ricordo favolose cassate siciliane o pastiere napoletane freschissime. E cioccolata dal Belgio e i gadget dalla sede di Chicago, orologi, felpe e magliette.

Stamattina Sabina, che nel frattempo ha cambiato multinazionale, scriveva su Facebook che in ufficio da lei nessuno si è accorto un mese fa che si era tagliata i capelli e nessuno si è accorto oggi che si è fatta bionda.

Diceva che sono delle mummie, che l’atmosfera è pesantissima.

E mi ha tirata in ballo con i suoi rimpianti per il nostro vecchio ambiente di lavoro e i nostri vecchi colleghi, chiedendomi cosa ne pensavo.

Banalmente: eravamo giovani, come ho detto.

Non avevamo quasi vite proprie. Sicuramente nessuno aveva una famiglia da mantenere, mutui da pagare, figli che danno preoccupazioni.

Il problema più grande era decidere dove andare in ferie o che automobile scegliere.

Fermarsi a fare straordinari in fondo non dava fastidio più di tanto.
A casa non ci aspettava nessuno, anzi quella poteva essere la scusa per continuare la serata fuori a cena e magari al cinema.

C’era una grande leggerezza.

Quella che ti permette di accorgerti di un nuovo taglio di capelli o di un vestito particolare.

La leggerezza che rende facile essere gentili e spiritosi.

E poi non c’era Internet e soprattutto gli smartphone.

Non vivevamo ognuno dentro il nostro mondo, con gli occhi fissi sui nostri profili e sulle nostre notifiche.

Erano i tempi in cui ci si guardava in faccia, ci si muoveva di persona per parlarsi, si camminava da un ufficio all’altro per portare qualche carta e a volte la carta era proprio una scusa per farsi un giro e scambiare due parole.

Io ho smesso di lavorare allora, ma immagino che il lavoro in ufficio adesso sia veramente cambiato con l’avvento della rete e dei cellulari.

Sabina: devi rassegnarti. Quel tempo è finito.

E comunque i tuoi colleghi sono proprio degli squallidoni perché bionda stai benissimo!

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lunedì 16 marzo 2015

La foto della domenica - Marzo/3* 2015 - Sirmione

Perchè ogni paesino sul Lago di Garda è un gioiello.
Non ci sono eccezioni.

Da Verona noi però di solito girovaghiamo per la riva orientale, più comoda, così piena di ricordi e punti di riferimento...

Sabato mattina invece, complice un impegno con alcuni amici fotografi, dovevamo andare verso Desenzano e, siccome eravamo in anticipo, ci siamo fermati a Sirmione.

Abbiamo stabilito che mio marito non ci andava da 50 anni ed io da più di 25!

L'ultima volta era una caldissima sera di luglio... avevo fatto il bagno in questa spiaggetta


e girato intorno al castello.




Questa volta invece abbiamo iniziato a passeggiare lungo la penisola dove sorge il centro e siamo arrivati fino alle Grotte di Catullo.

Ho scoperto che non si tratta di grotte, bensì di una enorme Domus Romana, crollata in gran parte, che i primi visitatori avevano battezzato così dato che era semi sepolta dai detriti e dai rovi.


É solo dall'inizio del 1800 che è stata avviata una campagna di scavi seria che ha portato alla luce un enorme villona a pianta rettangolare, 167x105 metri, appartenuta forse al poeta Valerio Catullo che soggiornò in queste zone e decantò Sirmione nei suoi scritti.




L'area è vasta e coperta di oliveti. La vista spettacolare.


Lungo i percorsi alcune tabelle mostrano come dovevano apparire i vari locali e si può visitare anche un museo dove sono esposti reperti trovati in questa zona, dal periodo delle palafitte fino a quello medioevale.



Insomma un'altra bella gita a pochi chilometri da casa.


La foto della domenica è un'iniziativa di Bim Bum Beta.


mercoledì 11 marzo 2015

#unviaggiovintage 3 - Una crociera inaspettata


L'itinerario della crociera
Terzo e ultimo (prometto) post sui miei viaggi vintage.

Monica del blog Alla ricerca di Shambala ha veramente colpito nel segno con questo sua magnifica idea!

Come avevo accennato nel primo post della serie (#unviaggiovintage – 70giorni/10.000 chilometri) io ed i miei genitori eravamo già stati in Turchia tre anni prima.



Ci eravamo arrivati con le classiche tappe: Verona-Zagabria-Belgrado-Sofia-Edirne-Istanbul.

Eravamo poi passati nella parte orientale visitando Bursa, Pamukkale, Efeso.

Ci trovavamo a Kusadasi da qualche giorno per “fare un po’ di mare”.
Infatti io ero una bambina linfatica e il dottore diceva sempre che lo iodio mi avrebbe fatto bene.

Così ogni tanto i miei si sacrificavano (hanno sempre odiato la vita da spiaggia) e ci fermavamo strettamente per motivi di salute…

Questo aveva fatto sì che in campeggio conoscessimo una famiglia di milanesi, i Rampoldi (cioè, dopo 40 anni mi ricordo ancora il nome!) che ci coinvolsero in un’avventura mai più ripetuta e rimasta indelebile nella mia memoria: tornare in Italia su una nave da crociera!


Avevano scoperto che nel giro di qualche giorno avrebbe fatto sosta a Kusadasi l’Odysseus, una nave cipriota che da lì avrebbe proseguito per Rodi, Mykonos, Delos, Atene e attraverso il canale di Corinto sarebbe poi arrivata nello Jonio e poi su per l’Adriatico fino ad Ancona dove saremmo sbarcati.

C’erano alcune questioni da risolvere: la possibilità di caricare auto e soprattutto roulotte, capire se c’erano delle cabine disponibili, il prezzo.


I dettagli non li ricordo bene, ma so che i Rampoldi prestarono a mio padre 50.000 lire dato che eravamo veramente al limite col budget e mia madre andò via di testa perché in crociera sono tutti eleganti e noi avevamo solo vestiti da campeggio.

Si comprò un paio di sandali dorati e uno scialle, ma non era per niente contenta …

Assistemmo con grande trepidazione al carico delle roulotte tramite corde e argani sulla prua della nave, mentre le auto trovarono posto nella stiva.


Quasi tutti i passeggeri erano tedeschi e il nostro imbarco costituì sicuramente un fuori programma molto gradito, tanto che alla fine, issate faticosamente le roulotte, partì un applauso da tutto il pubblico.

Vedere le foto di quella nave adesso, che siamo abituati a certi mostri della Costa o della Royal Carribean, fa veramente tenerezza.

Ma a me sembrava bellissima.

Aveva anche la piscina e la palestra.
C’erano due sale ristorante ed i camerieri in giacca e guanti bianchi.



Io ero la più giovane passeggera e una sera fummo invitati al tavolo del Capitano e ad un certo punto si spensero le luci ed entrarono tutti i camerieri in fila portando dei dolci fiammeggianti.
Una cosa mitica!

Dopo la prima notte di viaggio mi svegliai presto e dall’oblò a fianco la mia cuccetta vidi il porto di Rodi, con i mulini a vento.






Ci diedero il cestino da viaggio e per tutto il giorno visitammo l’isola. Lindos e la valle delle farfalle, fino alle spiagge meravigliose dove ci fu anche il tempo per fare un bagno.





Col cestino del pranzo al sacco...


Si battevano le mani per far volare le farfalle



Poi si riprese la navigazione e, credo il giorno successivo, visitammo Mykonos e Delos.






Arrivammo ad Atene di sera ma noi non sbarcammo, perché l’avevamo già visitata e per 4 ore non valeva la pena.

La piscina della nave
Crocieristi anni '70

Quello che ricordo bene è stato il passaggio per il canale di Corinto, in piena notte, con la nave che andava pianissimo e le pareti rocciose vicinissime al parapetto tanto che sembrava di poterle toccare.

Poi ci fu un giorno intero di navigazione e iniziò il dramma: attraversamento del canale d’Otranto con una tremenda burrasca.
Tutti stavano male. Non solo i miei genitori ma proprio tutti. Equipaggio compreso.
Ci trovammo a cena io, un vecchiotto di Roma e un cameriere dal colorito verdastro.

Ricordo che percorrevo i corridoi sballottata a destra e sinistra e facevo la spola tra la nostra cabina e il ponte dove c’erano le roulotte per controllare che non finissero in mare.

In qualche modo arrivò anche il mattino e la calma.

Verso il pomeriggio arrivammo ad Ancona e così noi e i Rampoldi ci salutammo.

So che la prima cosa che fece mio padre il giorno dopo fu mandargli le 50.000 lire.

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lunedì 9 marzo 2015

Il video della settimana - 11/2015 - Star trek: Enterprise



Ogni tanto ho scritto di sigle televisive.

Ci sono musiche e immagini che riescono a introdurti “spiritualmente” nella storia che andrai a vedere e che ti rimangono appiccicate per sempre.

Twin Peaks, Una mamma per amica, Happy days, Fame, Friends….

Le ascolti e il pensiero va lì, dove hai lasciato i personaggi che avevi imparato a conoscere così bene ed è come ricordare qualcosa di reale, come se anche tu avessi fatto parte di quella storia.




Da qualche settimana Rai4 ripropone la serie Star Trek: Enterprise, la quinta ambientata nell’universo Star Trek e, lo dico per chi non mastica questo argomento, si tratta di un prequel.

Infatti racconta avvenimenti accaduti circa 150 anni prima di quelli narrati nello Star Trek degli anni ’60, quello con il capitano Kirk e Spock tanto per intenderci.

I puristi non me ne vogliano, ma è la serie che preferisco.

L’umanità ha da poco scoperto la mitica “velocità curvatura” e a bordo della nave spaziale Entrerprise si avventura in galassie lontane per conoscere nuovi mondi e i loro abitanti.

Il capitano Archer è un uomo empatico, con un grande senso del dovere e dell’onore, appassionato di pallanuoto e accompagnato in questa avventura dal suo beagle Porthos, un cagnolino meraviglioso.

Il sub-comandante T’Pol è il personaggio preferito da mio marito.
Infatti si tratta di una vulcaniana con un fisico da capogiro, fasciato da una tutina aderentissima.
In quanto vulcaniana non mostra emozioni e vive secondo una logica stringente che mi fa spesso desiderare di prenderla a sberle e scuoterla violentemente. Ma ogni tanto, vista la sua coabitazione forzata con gli umani, dà prova di qualche sentimento e la sua espressione cambia leggermente.

Poi c’è Hoshi, l'ufficiale alle comunicazioni, che riesce ad imparare qualsiasi lingua in pochi minuti, cosa per la quale io provo grande invidia.

L’altro alieno dell’equipaggio è il dottor Phlox, un denobulano, sempre ottimista e sorridente. Cura qualsiasi malattia usando animali alieni e sostanze abbastanza schifose con risultati sorprendentemente positivi.

C’è l’ufficiale scientifico Trip e l’addetto agli armamenti Reed, che spesso battibeccano ma insieme riescono sempre a risolvere qualsiasi problema.

Una bella squadra cha avevo lasciato una decina di anni fa (la serie è finita nel 2005) e che sono stata proprio contenta di ritrovare.

Tornando alla sigla: un piccolo capolavoro.

La canzone è cantata da un tenore inglese, tale Russel Watson e si intitola Where my heart will take me.

E’ stata usata come sveglia su due Space Shuttle, così tanto per raccontarvi un piccolo aneddoto.

Le immagini che l’accompagnano raccontano alcuni punti salienti della storia delle esplorazioni, prima in mare e poi in aria fino allo spazio. Disegni di Leonardo, velieri, i fratelli Wright, Amelia Earhart, missioni Apollo, l’impronta sul suolo lunare, la stazione spaziale, il primo shuttle fino alla prima astronave Enterprise Nx-01.

Racconta la voglia dell’uomo di superare i propri confini.

Secondo questa storia mancano poche decine di anni alla creazione del motore a curvatura proprio da parte del padre del capitano Archer…

" It's been a long road getting from there to here.
It's been a long time but my time is finally near.
And I'll see my dream come alive at last.
I'll touch the sky.
And they're not gonna hold me down no more... No,
they're not gonna change my mind.
Cause I got faith of the heart.
I'm going where my heart will take me.
I got faith to believe. I can do anything.
I got straight of the soul.
And no-one's gonna bend or break me.
I can reach any star.
I got faith, I got faith, faith of the heart"