lunedì 27 aprile 2015

La foto della domenica - Aprile/4*2015 - Garage con sorpresa

Oggi vi porto in un luogo inaccessibile ai più.

Si tratterebbe del garage della casa di mia zia... peccato che ovviamente non vi si possano parcheggiare le auto!


É accaduto che durante i lavori di restauro negli anni '90 di una palazzina molto vicina al Teatro Romano di Verona, siano venuti alla luce tutta una serie di reperti, il più spettacolare dei quali è la base circolare dell'antica Porta Postumia.




Oltre a quella sono presenti un pezzo di strada romana, un pezzo di cinta muraria antecedente la costruzione della porta (circa un secolo a.C.)la base di una casa, lapidi e fregi vari.















La sopraintendenza di Verona ha climatizzato il sito e lo apre al pubblico solo in occasioni speciali, tipo le giornate del Fai o per consentire a qualche studioso di esaminarlo.











Ma una delle custodi delle chiavi è mia zia e così ogni tanto concede a qualche parente o amico di visitarlo.



Ieri ci aveva invitato a bere il tè e non abbiamo resistito a fare un giro nel seminterrato, anche perchè non avevamo mai scattato delle foto e ho pensato che potevo condividerle con voi.




 



Per quanto riguarda il problema parcheggio dei condomini, niente paura: si sono ricavati dei posti auto nel cortile interno: non sarà coperto ma è sempre meglio di niente!





 
Qui sotto la foto apparsa sul quotidiano L'Arena del 30/04/2012 dove un articolo spiegava tutto del ritrovamento:

 
La base di una delle torri che costituivano l’antica Porta Postumia posta al passaggio dell’omonima via romana in uscita dalla città
FOTOSERVIZIO DIENNEFOTO


La foto della domenica è un'iniziativa di Bim Bum Beta


Il video della settimana - 18/2015 - My Sharona

Potrei aver scritto The Knack, che sono il gruppo statunitense che ha scritto e portato al successo questa canzone del 1979, ma a parte questo pezzo chi li ha più sentiti???

Quindi parlo di questo grande successo mondiale, con più di 6 milioni di copie vendute, innumerevoli cover, con uno dei riff più noti e copiati di sempre.

Sharona aveva 16 anni ed il cantante degli Knack 27.
Lui si innamorò a prima vista e la corteggiò diversi mesi prima che lei capitolasse dopo aver ascoltato la canzone che lui le aveva dedicato in sala di incisione .

L'amore durò quattro anni ma la fama della canzone resta eterna. 
Citata, ripresa in più occasioni, rifatta come parodia, presente nella colonna sonora di film e telefilm, è un classico del power pop/new wave.

State attenti che se mi capita di sentirla mi comporto proprio come le protagoniste del film "Giovani, carini e disoccupati"...




giovedì 23 aprile 2015

Cosa resterààààà di questi anni '80


Guarda che cofana...
Non sono una con delle certezze granitiche. Soprattutto invecchiando.

Ma c’è un fatto del quale fino a poco tempo fa ero convinta: avere avuto vent’anni negli anni ’80 era stata la cosa migliore che potesse capitarmi.

Premesso che avere vent’anni è bello quasi sempre, io pensavo che il mio fosse stato il periodo perfetto.

C’era la moda più bella, con questi stivali, con queste spalline imbottite, le fasce nei capelli, i tailleur maschili di Armani, i fuseau con i maglioni lunghi e la scollatura asimmetrica...

Facevo l’indossatrice volante per un rappresentante della Max Mara e mi ricordo certi cappottoni di cachemire Piacenza, con gli ampi revers, lunghi e avvolgenti. Certe camicie di seta di Mantero, le gonne a tubo o a ruota sotto il ginocchio.

I bikini avevano gli slip così sgambati che perfino le nane sembravano avere le cosce lunghe.

C’erano le pettinature più belle: i capelli gonfi e mossi, fermagli, fasce colorate sulla fronte.

Io li portavo corti anche allora ma erano comunque alti sulla testa, coperti di brillantini se andavo a qualche festa.

Avevo l’utilitaria più bella di sempre: una 2CV Charleston della Citroen, nera e bordeaux.

Si cenava in ristoranti spazzati via da Tangentopoli, facendo il pieno di antipasti di mare e risottini alle fragole o melone.
La GTI con le minigonne
Si beveva il Bellini, dopo cena si giocava a Risiko.

Compravi azioni a caso e dopo qualche giorno valevano il doppio o il triplo della cifra investita.

Settimane nei villaggi Valtur o ClubVacanze, pieni di yuppies danarosi.

Il Cherokee Chief, la Mercedes 190, la Golf GTI e gli Spandau e i Duran Duran, e le discoteche …

Ho passato gli anni successivi a rimpiangere amaramente quei tempi, confortata dalle stesse convinzioni di mio marito e di tutti i miei coetanei.

Da qualche tempo invece mi arrivano dei segnali inquietanti: non le solite critiche morali a quel periodo, che posso comprendere e anche condividere, ma qualcosa di diverso:

I gemelli Scott portano qualche giovane coppia a visitare una casa da ristrutturare e qual è il commento più temuto al quale rispondono subito con un “ce ne sbarazzeremo subito!”?

“Oddio, questa cucina è così anni ’80” “Queste piastrelle sono così anni ‘80” “Questo bagno è così anni ‘80”!

Un concorrente di Masterchef USA presenta un cocktail di gamberi e Gordon Ramsay lo apostrofa subito con un: “questo piatto è decisamente anni ’80!” stroncandolo senza pietà.

E’ stata come una doccia fredda: sentire usare gli anni ’80 come sinonimo di cose vecchie, di cattivo gusto, ridicole.

Ok il biasimo per il degrado morale, ma questo no. É cattiveria pura, uffa.
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lunedì 20 aprile 2015

La dura vita del Polaroider in provincia



Tanta stanchezza. Fisica e psicologica.

Ieri siamo stati al Fotomercato di Pordenone.

Per un appassionato di fotografia sembra una figata. O no?!?

Invece l’impressione è quella di aver sprecato soldi, energie e soprattutto fiato.

Mesi di preparazione del materiale da portare, dalle macchine fotografiche agli accessori, dalla cucitura delle coperture per i banchi espositivi al packaging, ai biglietti da visita, ai listini…

La battuta più bella quella di un altro espositore che alla vista del marchio di Impossible Project – la P rovesciata – ci ha chiesto se stavamo allestendo il banco dei panini.

In questa fiera si vendono soprattutto macchine analogiche, stivate come polli dentro alle stie.

Infatti ogni banco è coperto di reti più o meno fitte per evitare furti, suppongo.

Uno squallore unico.

L’età media dell’espositore è 60/65 anni.

Tipo vecchio fotografo che vuole sbolognare il magazzino o collezionista pungolato dalla moglie a liberare la cantina.

In mezzo alla loro merce, per altro spesso e volentieri di grande qualità, qualche Polaroid mal messa della quale non sanno minimamente lo stato né soprattutto il valore e che danno via per pochi soldi sputtanando completamente il mercato.

Infatti mio marito ne ha comprata una… (almeno lì ci guadagneremo qualcosa!).





Il nostro banco è il più figo di tutti.
Siamo in quatto, tutti vestiti ad hoc, con due diciottenni entusiasti che abbassano notevolmente la media dell’età dei presenti.

Veniamo guardati con un misto di sospetto e curiosità, forse talvolta con un po’ di disprezzo chè il vero fotografo non usa ‘ste macchine di plastica per il suo lavoro.

I discorsi che dobbiamo subire per tutto il giorno sono questi:

- Ah, la Polaroid! Ce l’avevamo in ufficio per fare le foto da allegare alla denuncia di incidente stradale all’assicurazione.

- Ah, avevo una di queste, forse questa, no forse quella, no quell’altra, insomma tipo quella lì, da piccolo.

- Ah la Polaroid… ce ne dev’essere una da qualche parte in casa… ma tanto non fanno più le pellicole! guardando il nostro banco dove le scatolette di pellicole sono appoggiate ad ogni macchina esposta.

A qualcuno si riesce ad iniziare a spiegare che da vari anni Impossible, così come FujiFilm, stanno producendo nuovamente le pellicole; si provano a descrivere le diverse tipologie delle macchine tipo: questa è una Big Shot, la usava Andy W… ma stanno già allontanandosi.



Guardo le mie unghie, con lo smalto nero e la piccola P rovesciata che ho applicato sull’anulare credendo che fosse un’idea grandiosa e penso a Milano, la settimana scorsa al MIAfair …. mi sembra di avere cambiato galassia.

Nel nostro stand c’è anche una grande esposizione di opere di molti Polaroiders, compresa tutta la serie dei Neornithes di mia figlia.

Perle ai porci.

E non dico altro.

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lunedì 13 aprile 2015

Il video della settimana - 16/2015 - Glen Hansard & Markéta Irglova


Chi sono direte?
Infatti non sono notissimi, anzi.

Io li ho scoperti solo la settimana scorsa quando incuriosita da un commento di un'amica su Facebook mi sono sintonizzata sul canale 50 di Feltrinelli per vedere il film "Once" del 2006.




Un film irlandese dal bassissimo budget, girato a mano libera, senza trucco e senza inganno, che ha vinto comunque un paio di premi importanti e soprattutto l'Oscar per la miglior canzone con Falling Slowly.

Un ragazzo e una ragazza, la storia di un'amicizia che poteva essere amore, la storia soprattutto della costruzione di un album di canzoni indie-rock piacevolissime.

Glen Hansard era già noto per essere la voce e la chitarra del gruppo The Frames, mentre la pianista e cantante ceca Marketa Irglova collaborava con Hasgard già dall'anno prima del film, solo diciassettenne, e con lui formava il duo folk The Swell Season.

In questo film-gioiellino lui è un busker che per vivere aggiusta aspirapolveri e lei è una ragazza madre che vende le rose per strada e fa la domestica a ore.
Lei lo sente suonare, si complimenta e da cosa nasce cosa, provano Falling Slowly in un negozio di strumenti musicali (come capita solo nei film ne esce subito una versione perfetta...), si raccontano i propri sogni: per lui riuscire a pubblicare un album con le sue canzoni e per lei avere un pianoforte da poter suonare a casa propria.

Alla fine, con molti sacrifici e un po' di fortuna ognuno ottiene ciò che desiderava ma resta il dubbio che i desideri nel frattempo fossero un po' cambiati...

Condivido anche una scena della registrazione dell'album, uno dei momenti più godibili del film.





domenica 12 aprile 2015

La foto della domenica - Aprile/2*2015 - #MIAfair



Stanca e frastornata.

Un po’ di sindrome di Stendhal?
Forse sì, o forse è sempre e ancora l’età che avanza…

Ieri siamo stati al MIAfair di Milano, la fiera internazionale d'arte dedicata alla fotografia e all'immagine in movimento.

Avevamo visitato anche l’edizione dello scorso anno (ne avevo parlato qui) ma questa volta a spingerci ad andare era, oltre la nostra passione per la fotografia, l’eccezionale presenza di un’opera di nostra figlia Silvia.



Un suo mosaico di 12 Polaroid a formare una finestra attraverso la quale in un paesaggio capovolto volano dei fenicotteri dipinti ad acquarello. Un uomo di spalle (il suo ragazzo, formato a sua volta da tre lift off di Polaroid) li osserva dall’interno di questa casa volante.

Le grandi finestre della casa volante (more on DeviantArt)

Non so da dove le vengano certe idee (i film di Miyazaki? Pizza tonno e cipolla? Incubi da esami di maturità imminenti?) fatto sta che la normalità non abita la sua mente.

Nello stand Nital/Impossible Project erano esposti dieci dei mosaici di Polaroid che hanno partecipato al recente contest indetto dal sito Polaroiders e Silvia, pur non avendo vinto (onore a Roberto Landello e al suo bellissimo lavoro "Cenere") ha avuto una menzione d’onore e quindi l’invito a esporre.



Poi abbiamo trascorso ore tra i vari Stand, parlando a volte con i galleristi, altre direttamente con gli autori se erano presenti.

Un po' di stand...

“Tanta roba” per dirla in modo grossolano ma calzante.

Dalle foto icona di Gian Paolo Barbieri e Giovanni Gastel, che evocano riviste patinate di qualche decennio fa, alle sperimentazioni più ardite, dove la foto è solo una parte dell’opera.

Fotografi che sono anche performer.
Pittori che sono anche fotografi.
Una contaminazione di stili, di materiali, di messaggi.

Così, passeggiando con mio marito commentavamo questo e quello, lui molto più tradizionalista e nostalgico di me ma in definitiva d’accordo su alcuni punti cardine, tipo: “che almeno qualcosa sia a fuoco, che diamine!”.

Poi tornando a casa, collassata sul Frecciabianca delle 17,35 ho ripensato a tutto quello che avevo visto e ragionato sul mio metro di giudizio e su quello che in generale è la fotografia al giorno d'oggi.

Una specie di girone infernale che raccoglie chiunque: dagli instagramers ai famosi professionisti, dove quasi tutto è già stato fatto.
Dove guardando un’immagine spesso il primo pensiero è: “l’ho già vista”, “somiglia a”, “è lo stile di”, “mi ricorda”.

Per emergere, per lasciare un segno qualunque bisogna lavorare tantissimo, mentre un tempo i fotografi erano pochi e quelli famosi ancora meno.

Era il meraviglioso momento della “prima volta”.

Forse questo è uno dei pochi casi dove essere pionieri è più semplice che arrivare a cose fatte.

Quanta fatica per ottenere un risultato che non venga fagocitato dall’oceano di immagini che ogni giorno ci bombardano da ogni mezzo di comunicazione!

Un ricordo di quando ero piccola è mio padre che legge una rivista intitolata “Progresso fotografico”.

I punti di riferimento erano quelli e poco altro.
Adesso le mostre e i festival si susseguono in ogni città.
I contest sono migliaia, per tutti i gusti.
Poi forum, gruppi Facebook, igers e polaroiders, quelli che solo la reflex, quelli che solo lomo, in un flusso continuo.

Siamo tutti fotografi e siamo tutti critici fotografici.

Quei magnifici bianco e nero africani mi ricordavano le foto degli indigeni di Irving Penn.

Quei bambini messicani somigliavano a certi scatti di Tina Modotti.

Questo sembra di Helmut Newton, quello pare di Berengo Gardin.

Però in mezzo a tanto disquisire e confrontare qualcosa mi ha colpito in modo puro e diretto.

I Palazzi di Parole di Nicolò Quirico, i ritratti del cinese Eric Guo, i bianchi e nero di Marshall Vernet, gli interni di Sylvie Romieu, le installazioni di Tania Bressesco e Lazlo Passi Norberto.

Grande tecnica, perizia, sensibilità, inventiva, eleganza.

Insomma, MIAfair val sempre una visita.
C’è tempo fino a domani sera!

La foto della domenica è un'idea di Bim Bum Beta
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lunedì 6 aprile 2015

La foto della domenica Aprile/1*2015

Di solito cerco di trattenermi e non fotografare quello che sto mangiando.
La rete è così piena di foto di cibo e ciò spesso è stato criticato ed intasare le bacheche con questo genere di condivisioni non fa parte della cosiddetta netiquette.

Ma ogni regola ha le sue eccezioni e così ieri non ho potuto trattenermi.
Per me l'occasione era memorabile in quanto era la prima volta da vari lustri che non dovevo cucinare a Pasqua.

Tanto è stato il sollievo e la novità che avrei fotografato anche gli stuzzicadenti!


Non ho dovuto preoccuparmi con giorni di anticipo per allestire un menù adeguato, non ho dovuto organizzarmi con la spesa, lo stivaggio e la preparazione, non mi sono dovuta inventare decorazioni per casa e tavola e soprattutto non ho dovuto continuare ad alzarmi tra una portata e l'altra e alla fine sistemare tutto prima di stramazzare sul divano.

Invidio molto quelle situazioni familiari idilliache dove famiglie numerose e affiatate si riuniscono e uniscono gli sforzi per allestire pranzi pantagruelici memorabili, pieni di allegria, dove ognuno fa la sua parte, dove tutto sembra funzionare come un orologio...

Io sono sempre arrivata all'ora di pranzo tesa come una corda di violino, di solito arrabbiata perchè non ero riuscita a vestirmi e truccarmi a dovere altrimenti qualcosa si bruciava o non veniva preparato in tempo.

Quest'anno mio marito ha capito che la misura era colma e mi ha portato in uno dei nostri ristoranti preferiti, uno di quelli dove la padrona e il maitre ti accolgono dandoti la mano, chiedendoti notizie dei figli, con un bel sorriso e tanta professionalità.

Al pomeriggio sono stramazzata comunque sul divano: in quello la tradizione è stata rispettata!

La foto della domenica è un'iniziativa di Bim Bum Beta
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