venerdì 22 maggio 2015

Dentro la terrina di melamina


Cosa c’è dentro?

Stavo preparando la cena e mi sono trovata a corto di contenitori per le varie pietanze.

Così ho ripescato in fondo ad un pensile la terrina del servizio di piatti che usavamo in roulotte con i miei genitori.




Sai quelle cose che tieni perché non si sa mai?
Magari potranno servire in una seconda casa o in un’altra vita.
Chissà.

E infatti eccola lì la terrinetta bianca in melamina, tutta rigata e ingrigita.

Pronta ad essere riempita di fragole al limone.

E mi è partito il trip.

L’ho guardata e in un attimo ho rivisto tutti i cibi che aveva contenuto e da lì mi sono allargata a ripensare a quello che si mangiava in vacanza in giro per il mondo.

A quando si andava a fare la spesa nei mercati più esotici o in certe botteghe di dubbia pulizia.

Quando ogni cosa si faceva prima ad indicarla col dito e se non la vedevi erano guai seri.

Ricordo mio padre che, avendo finito il miele per la colazione, tentava di spiegare a un negoziante turco quello che voleva e mimava un insetto ronzante e poi lo faceva atterrare sul braccio di mia madre che diceva: “ahi”! “ e per tutta risposta ci avevano procurato una bomboletta di insetticida…

Insomma mi sono passati davanti tutti i piatti che facevano “vacanza”: tante insalate di pomodori e cetrioli, tante olive nere e feta, tanta peperonata e poi i nomi rimasti sepolti nella mia mente e riesumati per l’occasione .

Portocali sono le arance in greco, balik è il pesce in turco, l’aceite che è l’olio in spagnolo…

E le minestrine Knorr, il latte condensato, i fagiolini in scatola.

La terrina me la ricordo anche piena di frutta immersa nell’acqua e amuchina.
Un odore fastidioso che ho ancora nelle narici.

Mi è tornata in mente la frustrazione di fronte ai cibi che non ho potuto mangiare per paura di chissà che tremende malattie: le ciambelle glassate infilate su lunghi bastoni, delle bibite rosate vendute a bicchieri dagli ambulanti marocchini, le pile di frutta secca su certi banchi ai mercati (l’hanno toccata ad una ad una per sistemarla così bene, e non si può lavare!), qualsiasi gelato sfuso…

Mi sono vista aiutare mia madre a lavare i piatti nei lavabi di campeggi a strapiombo sul mare, con una vista degna del miglior albergo a cinque stelle.
Il vento che muove le tamerici, il suono delle cicale.

Ho rivisto tutta la perfetta procedura per impilare le stoviglie, pentole e bicchieri in modo che non si muovessero durante gli spostamenti e che entrassero negli appositi scomparti dell’angolo cottura.

Era tutto lì, dentro la terrina.
.
.
.

2 commenti:

  1. Che bellissimo post,molto tenero <3
    Mi ricordo quando mia nonna,non tanto tempo fa,ruppe una terrina in ceramica che aveva da credo 40 anni,ed io per consolarla le dissi "dài nonna,è solo una cosa",ed invece sbagliavo,perchè lì dentro c'erano tantissimi ricordi,tutte le polpette che aveva impastato là dentro e mille altre cose buone che aveva cucinato per noi....

    RispondiElimina